UN RICORDO (MARIA COLANGELI IN SBERNOLI - 24.08.1935 – 30.04.2017)
Maria, mia mamma, è stata anche figlia e moglie, poi nonna ma soprattutto, sempre, Maria perché ha portato in tutto quello che ha fatto la sua particolare forza, la sua vitalità, il suo ottimismo; sempre guidata da un innato senso di giustizia, sostenuta dalla fede nella provvidenza, aveva un interesse autentico per le persone, una capacità di mettersi nei panni degli altri che la portava a gesti di solidarietà prima che a fare affermazioni di principio.
Da piccola ha vissuto il periodo della guerra (nel 1945 aveva dieci anni), il nonno aveva una trattoria nel quartiere Trionfale (dietro San Pietro): lì la mamma è cresciuta.Credo che proprio in quei tempi di incertezza e di penuria, anche in una casa privilegiata per l’attività di ristorazione del nonno, ella abbia sviluppato il senso della misura (no agli eccessi, no agli sprechi) e la capacità di discernere quello che è importante perché resta (lo studio, gli affetti) da quello che è effimero e di cui si può fare a meno (la bella automobile, la griffe). Di quel periodo ci ha raccontato solo pochi ricordi di bambina: abitare tante famiglie in una casa, perché avevano accolto gli sfollati; le corse al rifugio antiaereo per i bombardamenti; la paura dei tedeschi e dei rastrellamenti ma anche i bei momenti vissuti a scuola e i giochi per la strada con le amiche.
Allora già si manifestava il carattere peculiare della mamma: con orgoglio ci raccontava di come aveva aiutato un’amichetta piangente a reagire alle prese in giro cattive di alcuni bambini, suggerendole le giuste parole per rispondere e dandole il coraggio per dirle. Ed ancora ci raccontava delle sue proteste per la disparità di trattamento che, in qualità di ragazza, riceveva rispetto ai sui tre fratelli maschi: quando il padre (come costume all’epoca) negava il permesso alla gita scolastica: -“papà non siamo tutti ugualmente figli? perciò abbiamo gli stessi diritti!”; poi alla gita andò per l’intercessione della mamma e di una zia.
Da ragazza ha studiato ragioneria. Erano tempi belli quegli anni cinquanta, in cui ha conosciuto, ancora sedicenne, Pietro un coetaneo nel gruppo di amici del quartiere. Di quegli anni, dedicati alla scuola, aveva ricordi belli. Conservava un diario con le dediche di fine anno di tutte le compagne e ci raccontava delle feste organizzate a casa ora di un amico ora di un altro, dei vestiti fatti fare per le occasioni dalla sarta e delle gite in motocicletta con Pietro! L’11 maggio 1961 sposa Pietro, dopo dieci anni di fidanzamento, casto come usava una volta.
Aveva con lui un legame forte e intenso, vissuto tutti i giorni anche nell’impegno di lavoro: Pietro a laboratorio di falegnameria, Maria al negozio di mobili. Hanno cresciuto insieme quattro figli (Eurialo, Egeria, Ebe, Edea) un gran lavoro per una donna che lavora senza particolari aiuti dalle famiglie di origine. Stando al negozio conobbe alcune consorelle e comincio a frequentare le iniziative della Confraternita dei SS. Benedetto e Scolastica: col tempo Lei e Pietro entrarono a farne parte. La mamma non si è mai persa d’animo nella vita adulta sostenuta da un legame profondo con il marito e come ho già detto da una sincera fede nella Provvidenza: “Cristo manda i panni secondo il freddo” ripeteva: a dire che nessuna prova è insuperabile per quanto faticosa. Fiduciosa nell’aiuto della Provvidenza, si adoperava per quelli che conosceva: innanzitutto i figli la cui cura veniva prima di qualsiasi impegno; scherzavamo ma non troppo nel dire che per stare dietro a noi non andava mai dal parrucchiere. Non guardava solo alla sua famiglia, era sempre pronta a sostenere chi avesse più bisogno di lei: a volte direttamente ha dato aiuto a qualcuno di quelli che trovavano alloggio di fortuna in alcuni edifici che erano abbandonati in Via delle Fornaci poco lontano dal negozio; o ancora negli ultimi tempi ha cucinato e portato un pasto caldo ad una signora che viveva in una roulotte non lantana da casa quando era rimasta senza gas; altre volte, indirettamente, ha sostenuto istituzioni religiose dedite ad opere di misericordia.
Come ho detto, la mamma si interessava sinceramente alle persone e riusciva ad entrare in un rapporto più profondo del semplice buon giorno/buona sera; e così al negozio aveva spesso a “tenerle compagnia” qualche signora anziana del quartiere oppure passavano a trovarla delle amiche per consigliarsi su come risolvere piccoli grandi problemi. Con noi figli mamma metteva da parte i sui crucci e ci ascoltava, ci dava serenità e coraggio, senza pretendere; ci diceva: - fai quello che puoi, fai il meglio che puoi e tanto basta; - se ti bocciano non fa niente, basta che tu abbia la coscienza tranquilla di aver studiato. Mamma una volta si lamentò: - “oggi non ho avuto neanche una felicità”; la felicità poteva essere una cosa piccola come aver strappato il sorriso di un bambino regalandogli un piccolo giocattolo (portava sempre in borsa qualcosa da regalare: un piccolo gadget, un gioco o una caramella); poteva essere anche la soddisfazione di aver dato una informazione utile a qualcuno meno informato di lei. Era curiosa di tutto, spesso andava a trovare amiche che vivevano sole o le accompagnava con la sua automobile quando avevano qualche necessità e le faceva piacere.
La sua felicità, a ben guardare, era fare/vedere la gioia di qualcun altro. Certo anche lei ha fatto errori, per quanto in buona fede: a volte è stata troppo irruenta, a volte testarda e inconciliante, altre ingenua … ma, se è vero che è la somma che fa il totale, penso che sia stata un bell’esempio per tutti noi e ci manca.
Eurialo Sbernoli
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