San benedetto, scritta Arciconfraternita, Santa Scolastica

La perenne attualità della Regola Benedettini


Cinquanta anni fa, il Pontefice Paolo VI, in occasione della riconsacrazione dell’Abbazia di Montecassino (rasa al suolo venti anni prima, nel 1944, dopo massicci e devastanti bombardamenti “alleati”, durante l’ultimo conflitto mondiale), con la Lettera Apostolica “Pacis Nuntius” il 24 ottobre 1964 proclamò San Benedetto Abate “patrono principale dell’intera Europa” sottolineandone la figura come:

«messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà, e soprattutto araldo della religione di Cristo e fondatore della vita monastica in Occidente: questi i giusti titoli della esaltazione di San Benedetto Abate…

Principalmente lui e i suoi figli portarono con la croce, con il libro e con l’aratro il progresso cristiano alle popolazioni sparse dal Mediterraneo alla Scandinavia, dall’Irlanda alle pianure della Polonia.

  • Con la croce, cioè con la legge di Cristo, diede consistenza e sviluppo agli ordinamenti della vita pubblica e privata. Egli insegnò all’umanità il primato del culto divino per mezzo della preghiera liturgica e rituale.
  • Con libro, ossia con la cultura, San Benedetto (e tutte le successive generazioni di monaci) salvò con provvidenziale sollecitudine, nel momento in cui il patrimonio umanistico stava disperdendosi, la tradizione classica degli antichi, trasmettendola intatta ai posteri e restaurando il culto del sapere.
  • Con l’aratro, infine, con la coltivazione dei campi e con altre iniziative analoghe che riuscì a trasformare terre deserte e inselvatichite in campi fertilissimi e in graziosi giardini; e unendo la preghiera al lavoro materiale, secondo il suo famoso motto “ora (studia) et labora”, nobilitò ed elevò la fatica umana…».

In occasione del grande giubileo di San Benedetto, anche il Pontefice Giovanni Paolo II volle ricordare la portata lungimirante della Lettera Apostolica di Paolo VI sottolineando, in particolare, che:

«San Benedetto da Norcia è divenuto patrono spirituale dell’Europa perché, come il profeta, egli ha fatto del Vangelo il suo nutrimento, e ne ha gustato in una volta la dolcezza e l’amarezza. Il Vangelo costituisce infatti la totalità della verità sull’uomo: è insieme la gioiosa novella e nello stesso tempo la parole della croce».

La perenne attualità della lezione lasciataci dal grande Santo di Norcia nelle bellissime pagine della sua “Regula Benedicti” deriva, quindi, proprio dalla circostanza che il Patrono d’Europa «non era un sognatore, ma un umile realista», che aveva la sensibilità e la capacità di vedere in prospettiva, vivendo in prima persona la “parola di Dio”.

La freschezza e la contemporaneità della Regula Benedicti e della lezione benedettina emergono da una nutrita serie di segnali, di evidenze e di coincidenze; a partire dalla situazione caotica che la società sta vivendo che, per molti versi, risulta confrontabile con quella dell’epoca di San Benedetto (crollo dell’Impero Romano).

La stessa decisione presa dal Cardinale Joseph Ratzinger di scegliere Benedetto (XVI) come nome per svolgere il proprio ministero come Successore di San Pietro sembrerebbe molto di più di una semplice coincidenza. La stessa formidabile Enciclica “Caritas in veritate” potrebbe essere considerata una sorta di “Regola benedettina del terzo millennio”. In tale linea, Benedetto XVI in occasione dell'udienza generale del 9 aprile 2008, illustrando la grande figura del padre del monachesimo occidentale, volle sottolineare che:

«in contrasto con una autorealizzazione facile ed egocentrica, oggi spesso esaltata, l'impegno primo e irrinunciabile del discepolo di San Benedetto è la sincera ricerca di Dio sulla via tracciata dal Cristo umile ed obbediente, all'amore del quale egli non deve anteporre alcunché e proprio così, nel servizio dell'altro, diventa uomo del servizio e della pace. ... in questo modo l'uomo diventa sempre più conforme a Cristo e raggiunge la vera autorealizzazione come creatura ad immagine e somiglianza di Dio».

Dalla lettura data da Benedetto XVI potremmo sintetizzare che il messaggio spirituale consegnato dal Santo di Norcia alla Chiesa sia foca-lizzato fondamentalmente attorno a due elementi centrali:

  • la perenne ricerca di Dio: la Regola ricorda di «cercare veramente Dio» [capitolo LVIII] nella sollecitudine alla preghiera, nell’obbedienza e nell’accettazione delle contrarietà. San Benedetto traccia con energia l'invito a cercare Dio con assiduità, a permettere che Dio sia la presenza che orienta la vita dell'uomo, perché senza questa presenza l'uomo perde inesorabilmente il senso profondo della vita e dimentica il proprio autentico e unico valore di creatura amata da Dio in Cristo. Senza l'orientamento a Dio, l'uomo, inevitabilmente, trasforma se stesso in idolo, perdendo la libertà proprio quando si illude di conquistarla con le proprie forze, anziché accoglierla come dono del Creatore.
  • L’amore di Cristo: la Regola ricorda che «non si deve anteporre nulla all'amore di Cristo» [capitoli IV e LXXII]. I figli di S. Benedetto devono realizzare concretamente questo invito, nel vedere e amare Cristo nel proprio abate [capitoli II e LXIII], negli infermi [capi-tolo XXXVI], negli ospiti (che devono pregare insieme) [capitolo LIII], nei poveri e nei pellegrini [capitolo LIII]. Il comandamento dell'amore verso Dio e al prossimo (in cui si deve riconoscere Cristo), allora, diventa la sintesi intramontabile del messaggio benedettino, che è il nucleo stesso del Vangelo.

L’uomo di ogni epoca ha, quindi, bisogno di un armonioso ordine quotidiano, di un intenso clima familiare da attuare anche nell’ordine politico, sociale e giuridico, perché la vita di ogni singola persona e di ogni piccola comunità si riflette poi nella vita di un popolo e, quindi, di un intero continente.

Anche l’uomo del terzo millennio ha bisogno del silenzio, della stabilità e dell’armonia. Per sopravvivere spiritualmente deve ordinare lo spazio ed il tempo in cui vive, deve sottoporre l’attività culturale e politica a verità fondamentali, quali il rispetto di ogni persona ed il valore del lavoro umano.

Ed in questo quadro di riferimento, l’Europa del terzo millennio o sarà benedettina oppure sparirà come realtà spirituale e culturale, rimanendo luogo di (illusorie) ricchezze materiali e di (concrete) povertà spirituali, una penisola dell’Asia e/o un partner economico e militare di qualche grande potenza (di turno).

In estrema sintesi, la vita di ciascuno di noi può essere paragona-ta ad un percorso nel deserto sulle tracce dell’esperienza di Gesù.

Dom Jacques Dupont, Priore della Certosa di Serra San Bruno, ricorda che il deserto è «un luogo senza strade e senza sentieri, senza segnaletica e senza punti di riferimento, ma è proprio lì che Dio conduce l’uomo ed il suo popolo perché vivano forti esperienze di fede, perché imparino ad affidarsi totalmente a Lui laddove non c’è nessun appiglio umano e terrestre. Il deserto è un luogo senza vie, ma paradossalmente è attraverso di esso che passa l’unico cammino che deve percorrere chi cerca il Signore».

Allora c’è proprio bisogno di un Regula, cioè di una guida o di un “mancorrente spirituale”, che ci possa fornire un metodo per aiutarci a superare i momenti più difficili e a saper distinguere i miraggi, dai veri punti di riferimento, in quanto «ci sono delle vie che alcuni chiamano giuste e che alla fine precipitano nell’inferno» [capitolo VII].

Per concludere, piace riportare le parole del monaco benedettino tedesco Anselm Grün che dà una sua lettura della Regula Benedicti, a partire dal prologo:

«è evidente che il cammino spirituale di trasformazione di questo mondo secondo lo Spirito di Gesù è frutto di duro lavoro. Secondo Benedetto la spiritualità non è un lusso per uomini che avrebbero altrimenti già tutto. La spiritualità è piuttosto duro lavoro, fatica, sincera lotta con se stessi, contrasto ai propri vecchi modelli di vita, per farsi sempre più impregnare dello Spirito di Gesù… perché i problemi del mondo non sono da compiangere, ma da risolvere! Fai quello che puoi. Costruisci intorno a te una comunità che se ne faccia carico! Può essere la tua famiglia, la tua cerchia di amici, la tua ditta, la tua parrocchia. Se, dovunque tu viva, crei una cultura di vita cristiana, sarà tanto lievito per questo mondo».

È questo l’impegno che ciascuno di noi dovrebbe mettere in atto quotidianamente, per potersi comportare effettivamente da buon cristiano e per poter dare una testimonianza esemplare alle persone che si incontrano nella vita quotidiana sempre più frettolosa e sempre più devalorializzata da un crescente relativismo amorale.

Roma, 11 luglio 2014

Sergio Bini
della Venerabile Arciconfraternita
dei Santi Benedetto e Scolastica
dei Nursini a Roma

Torna alla pagina delle Testimonianze